A cento anni dallo scoppio della Grande Guerra sono state organizzate numerose e interessanti iniziative sul territorio nazionale volte a far emergere aspetti meno noti del conflitto. Tra questi, occupa un posto significativo la follia dei militari, i quali avendo perso il controllo sulla realtà furono afflitti da patologie alienanti e da manifestazioni isteriche, che lasciarono nella mente dei colpiti segni indelebili. Parliamo degli “scemi di guerra”, che dal 1915 al 1918 furono accolti al manicomio di Ancona e che come tanti altri furono dimenticati dalla società civile, che non volle vederne le ferite nel corpo e nell’anima. A essi non fu concesso il ricordo, sepolto spesso dalla vergogna e dall’isolamento in cui vennero lasciati nel dopoguerra. Nonostante le difficoltà, nell’ultimo decennio sono stati realizzati lavori di ricerca imperniati sull’esame delle cartelle cliniche dei militari che, pur con i loro limiti e le loro reticenze, consentono il riaffiorare delle vicissitudini, dei lamenti e delle disperazioni delle loro vite spezzate e di come avessero spesso brutalmente interagito con esse le autorità militari e il mondo della psichiatria. A questi lavori si affianca Gli “scemi di guerra”. I militari ricoverati al Manicomio di Ancona durante la Grande Guerra, volto a far conoscere soprattutto le voci del dolore rimaste soffocate per tanto tempo nelle carte nel manicomio dorico. Per non dimenticarle.