La città rappresenta da sempre uno dei tòpoi letterari preferiti dai poeti, poiché luogo che racchiude in sé non soltanto l’umanità dei suoi abitanti ma anche le loro storie, così come le paure, le speranze e i sentimenti più profondi. Nel corso del Novecento non esiste un poeta che più di Palermo Giangiacomi abbia legato il suo nome alla città di Ancona, alla quale dedicò la quasi totalità della propria produzione letteraria, espressione vera e autentica del suo genius loci. Per decenni fu una delle voci più influenti e ascoltate della città, a volte sicuramente controversa ma sempre forte, autorevole e ironica, punto di riferimento per tanti intellettuali suoi coevi e modello da ammirare e seguire per molti giovani poeti anconetani. Giangiacomi fu però soprattutto un uomo del suo tempo, per certi versi atipico, nato all’interno di un’umile famiglia del Rione San Pietro e capace di ritagliarsi, grazie a una ferrea determinazione e a un’ardente ambizione, un ruolo di primo piano all’interno di una società ancora chiusa e restia a concedere possibilità di crescita a persone nate dal popolo. Egli però le sue origini non le dimenticò mai; fu proprio agli umili e agli indifesi che dedicò buona parte della sua produzione poetica, capace di essere compresa da tutti grazie all’utilizzo del vernacolo, suo registro linguistico prediletto. Giangiacomi divenne così il poeta della città, simbolo tangibile del successo e del riscatto sociale di un “figlio del popolo”. Questo libro intende narrare la vita e l’anima di questo grande poeta anconetano e, nel farlo, non può che raccontare la storia di Ancona fra Ottocento e Novecento, ovvero di uno fra i periodi storici più ricchi di cambiamenti politici, sociali e culturali dell’intera contemporaneità.