Il viaggiatore residente rincorre continuamente una scrittura anfibia, oscillante tra una percezione diluita nella narrativa, e un’altra, più densa, di stampo saggistico e filosofico. Alessandro Moscè ha scritto un sorprendente diario per frammenti che contiene uno sfondo ambientale di luoghi domestici e residenziali, come ubi consistam, ma soprattutto un profondo senso dell’esistenza e un’intermittente provocazione mossa da storie di stralunati personaggi. Il sogno dell’infanzia e il disincanto della giovinezza si accompagnano alla lettura dei poeti e dei narratori del passato e del presente, in un’adesione alla realtà anch’essa oscillante: da un lato il piacere evocativo di un’autobiografica verità, dall’altro l’assillo impersonale del tempo, che risulta il folgorante trait d’union di queste pagine così ben calibrate.
Il viaggiatore residente
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