a cura di Luca Gorgolini
Lo “spettacolo al tempo stesso meraviglioso e terrorizzante” provocato dai colpi dell’artiglieria pesante; “lo stato compassionevole” di coloro che rientrano dalle prime linee; i ritmi estenuanti della vita in trincea “orribile sempre”; “la snervante oppressione” che precede l’avanzata; la permanenza sull’altopiano carsico dove “per soffrire atrocemente non occorre combattere, basta viverci”; le “scene tristi e pietose” dei cortei ininterrotti di civili messi in fuga dall’avanzata dell’esercito austriaco nei giorni successivi alla rotta di Caporetto; l’esperienza della prigionia, il “lungo” e “doloroso” “Calvario” contraddistinto dalla presenza lancinante della fame “che si fa sentire ogni giorno di più” facendo capire i soldati nello “scoraggiamento più profondo”. Frammenti di una cronaca puntuale, a tratti cruda, della Grande Guerra così come questa venne vissuta da uno dei tanti fanti in grigioverde che la attraversare non coltivando quotidianamente la “buona speranza di una pace prossima in grado di porre fine a tutte le sofferenze”.