Il Pci nelle Marche nasce sull’onda delle manifestazioni del biennio rosso, è espressione del sovversivismo popolare, ma si trova molto presto a fare i conti con la sconfitta e il sistema repressivo del fascismo. Il carcere e la clandestinità costituiscono una scuola di formazione politica che darà i suoi frutti nella Resistenza e nell’unità antifascista. Nei decenni l’idea della rivoluzione si evolve e matura nella consapevolezza di aver dato un fondamentale contributo all’affermazione della democrazia repubblicana. Dopo la grande avanzata elettorale degli anni settanta, ha inizio però un declino che porterà allo scioglimento del partito. La specificità marchigiana consiste soprattutto nel passaggio di generazioni dalle lotte contadine a quelle operaie, capaci di formare una classe dirigente di valore, espresso soprattutto nella guida di molte amministrazioni locali.