Luglio 1954. Via Cartiere Antiche è una doppia striscia di case lunga poche decine di metri al margine di campi coltivati a grano. Ogni famiglia ha una stanza per cucina, una per camera e uno stanzino per il cesso alla turca. Nessuna automobile. Molte biciclette. Nel retro, a piano terra, qualche fazzoletto di terra per l’orto e qualche gabbione per galline e conigli allevati sempre con minore frequenza, viste le leggi sull’igiene urbana.
Finestre chiuse per tenere fuori le vampe d’aria calda. Tre spari di pistola: i primi due come un colpo di bastone su vestiti bagnati, il terzo come una specie di schiaffo secco. Due proiettili sfiorano il braccio sinistro. Il terzo entra nel polmone destro. La ispezione autoptica (dolorosa per i familiari visti gli esiti sul corpo della giovane vittima) certifica che appunto il terzo colpo ha causato una emorragia toracica rivelatasi mortale. Il torace, seppure sezionato con bisturi compassionevole e rispettoso, appartiene a Giulio B., anni sedici, apprendista aggiustatore meccanico.