Una strage fra le tante di quel terribile periodo, tra gli anni Ottanta e i Novanta, quando la mafia in Sicilia uccideva senza pietà tutti quei servitori dello Stato che volevano solo fare il loro dovere e non abbassare la testa dinanzi allo strapotere di Cosa Nostra.
Eppure la strage di via Scobar (Palermo, 13 giugno 1983), nella quale persero la vita tre carabinieri, ha una particolarità. Non era mai successo, né prima né dopo, e nemmeno negli anni terribili del terrorismo politico, che a distanza di soli tre anni fossero uccisi i comandanti della stessa compagnia dell’Arma, quella di Monreale, un avamposto della legalità – sia pure con molte contraddizioni – in una zona ad alta intensità mafiosa gestita dai corleonesi di Riina e Brusca. Nel maggio 1980 toccò al capitano Emanuele Basile; nel giugno 1983, appunto in via Scobar, al suo successore, il capitano Mario D’Aleo, abbattuto insieme all’appuntato Giuseppe Bommarito e al carabiniere Pietro Morici.
Eppure, nonostante questa unicità, la strage è stata pressoché dimenticata, forse perché costituiva una ferita troppo evidente all’autorità dello Stato. Un oblio istituzionale e mediatico al quale contribuirono pure altre tremende stragi risalenti a quello stesso periodo, l’estenuante durata dell’iter giudiziario e l’incredibile negazione, protrattasi per anni, della natura mafiosa dell’eccidio.
Questo libro da un lato restituisce alle tre vittime della strage di via Scobar la loro dignità di vittime della mafia: tre giovani militari uccisi quindi non a caso, ma vittime predestinate, perché la mafia corleonese aveva un interesse specifico alla loro eliminazione. Dall’altro, si propone di mostrare l’enorme responsabilità storica di Cosa Nostra siciliana nella diffusione di massa dell’eroina in tutto il mondo occidentale, al di qua e al di là dell’Atlantico, che tante morti avrebbe arrecato, e continua tuttora ad arrecare, nella fascia giovanile della nostra società.