Nel ciclo pittorico che il conte Domenico Monti fa realizzare nelle stanze del piano nobile del suo palazzo fermano, ristrutturato da Giovan Battista Carducci entro il 1848, la figura dell’eroe virgiliano Enea, il profugo troiano che sul suolo italico era riuscito ad unificare un popolo da sangue misto, rappresenta la meta ultima di un lungo percorso formativo compiuto dallo stesso committente. Diventare Enea, cioè introiettare le virtù civiche del primo cittadino italiano, è una necessità legata all’urgenza del presente, alla nuova unità ancora da realizzare. Le aspirazioni di questo gentiluomo, considerato già dai contemporanei un pater patriae, sono messe in scena con un registro stilistico virato su soluzioni decisamente neorinascimentali, in omaggio ad un’epoca che il Risorgimento legge come il portato delle libertà repubblicane.