Il mondo, come lo si conosceva prima della pandemia del 2020, non esiste più. Messo a nudo di fronte alla Storia, l’uomo postmoderno pare assurgere a fragile espressione di società strutturalmente precarie, rimodellate dal tramonto delle grandi narrazioni di stampo ideologico, dal progressivo indebolimento dei corpi intermedi e dai processi di ri-spazializzazione figli della rivoluzione digitale. Società pervase dal dominio dell’eterno presente, in cui la memoria, svuotata dalle funzioni educative, diventa pallido ricordo e il futuro, da terra di opportunità, assume inquietanti contorni distopici. Società edonistiche, nelle quali la spasmodica ricerca di consenso individuale prevale sull’analisi della complessità e sulla costruzione di verità condivise mediate dalla ragione. Società contraddittorie, dove la corsa alla modernizzazione partorisce asincronie madri di nuove sacche di marginalità: linee di frattura che, sovente, violano le un tempo impenetrabili mura domestiche. Il brusco risveglio imposto dal Covid-19 sarà sufficiente a determinare un cambio di rotta?
Postmodernità e pandemia
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