Il volume presenta alcuni esempi di stranieri nell’antica Roma, tema che rispecchia i non pochi problemi di oggi e invita alla riflessione e alla discussione. Ospiti graditi o estranei indesiderati, gli stranieri hanno da sempre suscitato la curiosità degli indigeni per la loro “diversità”: di costumi, tradizioni, lingua, religione e persino modo di vestire. Ma la curiosità può tramutarsi in sospetto e ostilità o, al contrario, generare tolleranza e reciproco rispetto. Non è facile conservare la propria identità e le proprie tradizioni ed essere, allo stesso tempo, accolti nel nuovo ambiente. Sono di ostacolo la propria lingua, perfino un dialetto, per non parlare delle proprie forme di vita e della diversa visione delle cose. Più aumenta il numero degli stranieri, più si sentono a disagio gli indigeni. È possibile che entrambe le parti rimangano estranee, se non ostili, l’una all’altra per molto tempo. Una lunga e difficile assimilazione che, con tutti i problemi della vita quotidiana, richiede magari diverse generazioni, ma può arricchire entrambe le parti, ammesso che ci sia la buona volontà. La Roma antica, come quella odierna, è una città cosmopolita: le sue stesse radici si fondno su basi multietniche, e l’Urbe ha continuato nei secoli ad attrarre a sé visitatori, nuovi abitanti, curiosi, migranti, invasori, avventurieri, prigionieri, ostaggi, schiavi, politici, intellettuali, artisti… Ma chi erano gli stranieri che la popolavano? Da quali paesi e per quali motivi risiedevano nell’Urbe? A quali ceti sociali appartenevano e dove alloggiavano? Come erano percepiti dai Romani e qual era il loro status giuridico? Queste e altre domande sono alla base dei contributi raccolti nel volume, che raccoglie, insieme a nuovi interventi, gli atti del Convegno Internazionale tenutosi nel maggio 2006 presso la Certosa di Pontignano sul tema degli Stranieri a Roma.