Prendendo le mosse dal commento di una brevissima novella ove viene ravvisata una singolare analogia con un episodio apparentemente insignificante della sua infanzia, l’autore ripercorre i primi anni della propria esistenza fino al ventiquattresimo anno di età in un veloce andirivieni di posizionamenti, flashback e atmosfere evocative. La narrazione delle vicende di quell’io bambino, poi adolescente e infine giovane adulto spazia nella ricostruzione degli ambienti dell’epoca, degli eventi storici anche terribili che hanno scandito quegli anni lontani, forse ormai dimenticati. Si addentra, ai limiti di una catartica confessione, nei meandri della mente fragile di un ragazzino, vittima di una troppo rigida educazione, a impronta “spartana”, impartita dal genitore “Padreterno Infallibile e Giustiziere” dissezionandone paure, idiosincrasie, ossessioni, psicosi e un mastodontico senso di colpa che, quale casamatta militarmente presidiata, lo ha dominato: quasi a svolgere una lucida analisi introspettiva non priva di una spiazzante autoironia. Le vicende individuali narrate si intrecciano in modo inestricabile alla retrospettiva socio-politica: passioni, ideali, dubbi esistenziali prendono così forma e continuano a costituire tuttora elementi fondanti delle riflessioni sul mondo – il suo destino e le sue aporie – le tematiche della realtà collettiva, e un’umanità in affanno, che l’autore svolge criticamente a comprova della veridicità dell’inscindibile nesso tra pubblico e privato che ha informato di sé parte della sua generazione.
